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Addio Ottieri, voce della modernità.

E' stato uno dei massimi protagonisti della scena letteraria italiana.Grande esponente della scrittura cosiddetta industriale, si è spento a 78 anni il 25 luglio 2002

Il suo Donnarumma ha incarnato la rabbia e la rassegnazione dell'Italia industriale. Le lotte sindacali e la sconfitta, la sensazione di farcela e di restare a guardare, sempre. Eppure Donnarumma siamo tutti noi, tutti noi che abbiamo vissuto una fase importante per l'Italia di oggi, quella del boom industriale e delle conseguenze sociologiche: la nascita e lo sviluppo della classe operaia, la conquista di una coscienza collettiva e la politicizzazione.Lo scrittore e poeta Ottiero Ottieri, che si è spento a Milano a 78 anni, è stato il capofila della cosiddetta letteratura industriale. Insieme a Luigi Malerba e a Paolo Volponi, negli anni Sessanta ha dato voce all'Italia dello sviluppo industriale, all'Italia degli operai e dei numeri, all'Italia che si avviava a essere una moderna società basata sul lavoro e sullo sciopero concertato.
I suoi personaggi hanno anticipato, con grande lungimiranza, le lotte sull'articolo 18, sullo statuto dei lavoratori e le confusioni interne al sindacato. Donnarumma siamo noi, Donnarumma siamo stati noi. E poco importa se, in seguito, scrivendo I divini mondani, Ottieri abbia spostato l'obbiettivo: ha sempre raccontato le due parti della barricata. Da un lato, l'operaio che combatte per una coscienza, dall'altro i padroni, con una coscienza che reca in sè gli anticorpi della propria distruzione. Su tutto, la vera mania di questo etilista, uomo-in-analisi, spia del mercato delle teste italiane, resta sempre la follia dell'uomo. Intesa come estraniamento da tutto e da tutti. Lo dimostra nell'ultimo romanzo, pubblicato il mese scorso da Guanda, Una irata sensazione di peggioramento : un libro autobiografico dove il protagonista corre su e giù per le strade del nord, in preda a se stesso.

La vita di Ottieri (che venne letterariamente scoperto da Elio Vittorini) è strettamente legata anche a un altro nome della cultura italiana, quello di Adriano Olivetti, per il quale lavorò come selezionatore del personale. Il lavoro alla Olivetti gli valse come palestra alla ricerca di "tipi umani", volti da inserire nell'Italia che stava cambiando e accettando lo sviluppo,  come un'adolescente che si vede crescere il seno troppo in fretta.

Quando conobbe la malattia (ebbe la meningite) Olivetti lo mandò a Pozzuoli per curarsi e fu lì che nacque Tempi Stretti, romanzo sull'alienazione contemporanea. L'uomo macchina di stampo italiota nasceva qui, con Ottieri, che aveva capito il cammino dei tempi: l'uomo cresce con il passo della macchina, si adatta ad essa, ne assorbe le esigenze meccaniche e culturali, ne assimila i tratti e le funzionalità.

E' per questo che la letteratura industriale non è stata solo il segno di una profonda evoluzione nella letteratura italiana. E' stata molto di più. Strettamente connessa alla critica militante che proprio in quegli anni trovava i suoi alvei comuni, questo tipo di scrittura si può considerare come un epigono della moderna corrente nichilista. Lo stesso Paolo Volponi, in Memoriale, fa convergere i due aspetti, quello dell'alienazione e quello dells vuotamento degli ideali e delle passioni.

Da tempo era gravemente malato. La notizia della sua morte è stata data dal suo editore, il gruppo Longanesi. Era nato a Roma il 29 marzo 1924. Collaboratore della rivista Il Menabò di Elio Vittorini, Ottieri si era imposto con  Tempi stretti del 1957 e  Donnarumma all'assalto (1959). Del 1963 è il romanzo La linea gotica e dell'anno successivo L'impagliatore di sedie. La sua attività di narratore è proseguita nei fino all'ultimo romanzo Una irata sensazione di peggioramento.