Pirandello 
                tradusse (sulla base della versione italiana di Romagnoli) e adattò 
                «Il Ciclope» per la «Compagnia drammatica del 
                Teatro mediterraneo» da lui stesso fondata, sul finire del 
                1918, insieme con Nino Martoglio e Rosso di San Secondo. E di 
                conseguenza, nella sua riscrittura in siciliano (per l'esattezza 
                in puro dialetto girgentino) il dramma satiresco di Euripide diventa 
                una vera e propria full immersion nello «statuto» 
                isolano acquistato dai personaggi. Questi, spogliati dei connotati 
                retorici che gli aveva attribuito Euripide, si caricano sul filo 
                del comico, e proprio in virtù del dialetto, d'inediti 
                stilemi non solo psicologici (vedi la contrapposizione fra la 
                sostenuta bonomia di Ulisse e l'atteggiamento, popolaresco fino 
                all'estrema volgarità, del Ciclope e di Sileno), ma anche 
                e soprattutto sociologici (vedi lo scarto determinato fra la gravità 
                presuntuosa dei cittadini, lo stesso Ulisse e i suoi compagni, 
                e la spontanea ruvidezza contadina incarnata dai satiri schiavizzati 
                da Polifemo). Ebbene, mi sembra che Vincenzo Pirrotta - regista 
                dell'allestimento di «'U Ciclopu» dato nel Teatro 
                Greco di Palazzolo Acreide per il XLI ciclo di rappresentazioni 
                classiche dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico - abbia reso 
                tutto questo attraverso un felice mélange di precisione 
                filologica e capacità inventiva. Basta considerare da un 
                lato le conchiglie (simbolo della dimensione marina) che dalla 
                scena s'estendono persino alla corazza di Ulisse e, dall'altro, 
                le musiche di Rosa Maria Grioli, eseguite dal vivo con gli strumenti 
                tipici, per l'appunto, della tradizione contadina in genere e 
                pastorale in specie: flauti, tammorre e zampogna. Sullo stesso 
                piano, del resto, si colloca la bella prova che - tra danze orgiastiche, 
                canti rituali e processioni liturgiche (ma è tutto da ridere, 
                naturalmente) - offrono gl'interpreti: primi fra tutti lo stesso 
                Pirrotta, che connota l'eloquio di Ulisse con il vertiginoso ritmo 
                sincopato tipico del «cunto» siciliano, e i divertentissimi 
                Giovanni Calcagno (il Ciclope) e Filippo Luna (Sileno).
              23/05/2005