FONDAZIONE ITALIA®
 
HOME PAGE                                               Torna a Italiani da ricordare
 
 
Addio a Raf Vallone, un grande del cinema italiano. 

VALTER VELTRONI
''Il mondo della cultura e dello spettacolo perde oggi uno dei suoi volti più noti''. Lo afferma il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ricordando Raf Vallone, l'artista scomparso che ''è stato un vero protagonista della stagione d'oro del nostro cinema, oltre ad aver rappresentato la figura di un uomo dinamico, brillante e attento ai problemi del nostro tempo''.

MARIO SCACCIA
'Raf era un gran erudito, un fine e squisito conversatore. Conosceva a memoria Catullo e spesso lo citava in latino''. Mario Scaccia ricorda Vallone. Scaccia aveva interpretato nel 1968, accanto all'attore e regista scomparso, il testo di Arthur Miller Uno sguardo dal ponte . ''Non dimenticherò mai quel debutto - spiega ancora Scaccia - E soprattutto Miller compagno inseparabile di Raf (un uomo tranquillo, solitario, poco loquace...). L'aveva conosciuto negli Stati Uniti e per quella prima italiana aveva anche tradotto l'opera''.

 E' morto il 31 ottobbre 2002 all'età di 86 anni l'attore Raf Vallone. Era nato il 17 febbraio del 1916 a Tropea. 

Dopo aver trascorso l'infanzia nella cittadina calabrese, si trasferì con i suoi genitori a Torino, dove tentò di intraprendere la carriera di calciatore, riuscendo a giocare titolare nella squadra del Torino. Dopo aver preso due lauree (giurisprudenza e filosofia) sposò l'attrice Elena Verzi. Abbandonò il calcio per lavorare come giornalista. Il suo primo impiego fu, infatti, all'Unità.

A Parigi, ove sovente risiedeva, frequentava Sartre e Picasso. Albert Camus sognava di scrivere un dramma strutturato sul suo talento. Cresciuto a Torino, dove i genitori si erano trasferiti, nel rispetto della cultura borghese delle idee progressiste, Vallone muove qui i primi passi di interprete prima di trasferirsi a Roma dove sarà attore radiofonico. Il suo pigmalione fu Giuseppe De Santis che lo volle nella parte del militare in "Riso amaro" del '49.

Vallone piacque al cinema neorealista dell'ultima onda, che lo promosse a protagonista con film come "Il cammino della speranza" di Pietro Germi (1950), "Roma ore 11" di De Santis (1951), "Gli eroi della domenica" di Mario Camerini (1952), "La spiaggia di Lattuada (1953), "La garçonniere" ancora di De Santis (1960).

La grande occasione per la notorietà arrivò nel 1953 in "Teresa Raquin" di Marcel Carnè al fianco di Simone Signoret. Il piglio del seduttore, il francese impeccabile, la capacità mimetica, lo fecero notare da registi come Dellanoy e Bardem, che lo guidarono verso la consacrazione definitiva.

Vallone diventò così il nuovo astro del divismo italiano d'esportazione al fianco di latin lover come Rossano Brazzi e Marcello Mastroianni. Lui però non rinunciò al teatro e, non adattandosi al meccanismo dello show business, divenne più un caratterista di prestigio che un mattatore. Da "Il cardinale" di Otto Preminger (1963) a "Lettera al Cremlino" di John Huston (1970), da "Cinque per la gloria" di Roger Corman (1964) a "Il leone del deserto" di Mustafà Akhad (1981), fino alle serie tv "Il mulino del Po" e "Scarlatto e nero", fu l'italiano per eccellenza, colto e ignorante, buono e ambiguo, sempre dotato di calda umanità. Lavorò con alcune delle maggiori attrice italiane: da Sofia Loren ("Il segno di Venere" di Dino Risi) a Gina Lollobrigida ("Cuori senza frontiera" di Luigi Zampa), da Lucia Bosè a Antonella Lualdi e Silvana Pampanini. In teatro fu sempre attore curioso e, dopo "Uno sguardo dal ponte", fu con Peter Brook per firmare una prova memorabile nel "Tommaso Moro" e "Desiderio sotto gli olmi" di Eugene O' Neil.

Se si dovesse individuare un tratto distintivo nel carattere di Vallone, sarebbe certamente la curiosità. Non c'erano libri che non volesse leggere, traduzioni di copione cui non amasse mettere mano, avventura cui si sottraesse. Per l'amato teatro perse anche un occhio in un incidente di scena, tenne sempre viva la passione civile e l'attenzione a ciò che accadeva nella sua amatissima Italia. "Ma quel che vedo mi avvilisce - diceva - e mi nausea. Siamo di fronte ad un individualismo cieco e aggressivo nella vita politica come in quella sociale. Anche per noi attori sembra di esser tornati all'epoca in cui ci negavano la sepoltura in terra consacrata. Eppure non desidero fuggire lontano: amo troppo il mio paese. Nei mari del Sud non esistono i campanili di Giotto e Michelangelo non sanno neanche chi sia".

Artista poliglotta e perfezionista, maniaco del suo lavoro, aveva anche prestato la voce ad audiolibri di poesia di Gibran ritrovando nuova popolarità in America. Per il cinema italiano può essere considerato il più anomalo dei divi essendo apparso in un'epoca in cui si privilegiava la spontaneità rispetto al professionismo.

Vallone era  l'unico attore italiano socio dell'Academy of Motion Picture,che decide l'assegnazione degli Oscar a Los Angeles

Nel 2001 Raf Vallone ha scritto un libro autobiografico, ALFABETO DELLA MEMORIA pubblicato da Gremese.